28/05/2025 free
Le motivazioni per il differimento facoltativo dell'esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute
Ai fini dell'accoglimento di un'istanza di differimento facoltativo dell'esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, ai sensi dell'art. 147, comma primo, n. 2, cod. pen., non è necessaria un'incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ma occorre pur sempre che l'infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario. ( Avv. Ennio Grassini - www.dirittosanitario.net )
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Cass. pen., Sez. I, Sent., (data ud. 13/02/2025) 20/05/2025, n. 18836
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta da:
Dott. BONI Monica - Presidente
Dott. MASI Paola - Consigliere
Dott. DI GIURO Gaetano - Relatore
Dott. MAGI Raffaello - Consigliere
Dott. CAPPUCCIO Daniele - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A., nato a T il (omissis);
avverso l'ordinanza del 19/11/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di L'aquila.
Udita la relazione del consigliere relatore, dott. Gaetano Di Giuro.
Letta la requisitoria del dott. Luca Tampieri, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con cui è stato chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila ha rigettato la richiesta di A.A. finalizzata a ottenere il beneficio penitenziario del differimento facoltativo della pena (ai sensi degli artt. 147, primo comma, n. 2 cod. pen.) anche nella forma della detenzione domiciliare (ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1-ter, L. 26 luglio 1975, n. 354 - Ord. pen.).
2. Avverso tale ordinanza A.A., a mezzo del proprio difensore di fiducia, ricorre per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'applicazione della normativa specifica e alla valutazione delle condizioni di salute del detenuto.
Lamenta il difensore che il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila fa una valutazione parziale delle condizioni di salute di A.A., in quanto motiva solo in ordine al profilo dell'adeguatezza delle cure che possono essere offerte al suddetto mantenendo lo stato di detenzione. Si duole che non consideri il significativo scadimento fisico del condannato in ragione del disturbo bipolare e delle altre gravi patologie da cui è affetto, alla base delle continue crisi convulsive e similepilettiche, nonché la necessità di una sempre più corposa somministrazione di farmaci e di sempre più frequenti accertamenti e approfondimenti medici; e, quindi, l'incidenza di tali elementi sul trattamento penitenziario da renderlo inumano e degradante e in contrasto con la finalità rieducativa e risocializzante della pena. E insiste per l'annullamento del provvedimento impugnato.
3. La difesa deposita, il giorno prima dell'udienza dinanzi a questo Collegio, nota con la quale lamenta che la Casa circondariale di Sulmona e l'ASL di L'Aquila non hanno trasmesso cartella clinica aggiornata di pronto soccorso, relativa all'ultimo ricovero del condannato ancora in corso, a riprova della gravità delle condizioni di salute di A.A. e della loro incompatibilità con il regime carcerario.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato.
2. Va, preliminarmente, osservato che: - la concessione della detenzione domiciliare, il differimento facoltativo dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica ai sensi dell'art. 147 cod. pen. e il differimento obbligatorio ai sensi dell'art. 146 dello stesso codice sono istituti che si fondano sul principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge senza distinzione di condizioni personali (art. 3 Cost.), su quello secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (art. 27 Cost.) e, infine, su quello secondo il quale la salute è un diritto fondamentale dell'individuo (art. 32 Cost.); - quindi, a fronte di una richiesta di differimento dell'esecuzione della pena per ragioni di salute o di detenzione domiciliare per grave infermità fisica, il giudice deve valutare se le condizioni di salute del condannato, oggetto di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all'interno dell'istituto penitenziario o, comunque, in centri clinici penitenziari e se esse siano o meno compatibili con le finalità rieducative della pena, con un trattamento rispettoso del senso di umanità, tenuto conto anche della durata del trattamento e dell'età del detenuto, a loro volta soggette ad un'analisi comparativa con la pericolosità sociale del condannato e alla possibilità che un eventuale (anche residuo) rischio di recidiva sia adeguatamente fronteggiabile con la detenzione domiciliare cosiddetta umanitaria, considerate le limitazioni e le restrizioni ad essa apponibili; - il giudice deve, quindi, operare un bilanciamento di interessi tra le esigenze di certezza e indefettibilità della pena, nonché di prevenzione e di difesa sociale, da una parte, e la salvaguardia del diritto alla salute e ad un'esecuzione penale rispettosa dei criteri di umanità, dall'altra, al fine di individuare la situazione cui dare la prevalenza; - di tale valutazione deve dare conto con motivazione compiuta, ancorché sintetica, che consenta la verifica del processo logico-decisionale ancorato ai concreti elementi di fatto emersi dagli atti del procedimento.
Questa Corte ha, inoltre, sottolineato che: - ai fini dell'accoglimento di un'istanza di differimento facoltativo dell'esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, ai sensi dell'art. 147, comma primo, n. 2, cod. pen., non è necessaria un'incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ma occorre pur sempre che l'infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario (Sez. 1, n. 27352 del 17/05/2019, Nobile, Rv. 276413); - il giudice che, in presenza di dati o documentazione clinica attestanti l'incompatibilità delle condizioni di salute del condannato con il regime carcerario, ritenga di non accogliere l'istanza di differimento dell'esecuzione della pena o di detenzione domiciliare per motivi di salute deve basarsi su dati tecnici concreti disponendo gli accertamenti medici necessari e, all'occorrenza, nominando un perito (Sez. 1, n. 39798 del 16/05/2019, Dimarco Francesco, Rv. 276948); - la valutazione sull'incompatibilità tra il regime detentivo carcerario e le condizioni di salute del recluso comporta un giudizio non soltanto di astratta idoneità dei presidi sanitari posti a disposizione del detenuto all'interno del circuito penitenziario, ma anche di concreta adeguatezza del trattamento terapeutico, che, nella situazione specifica, è possibile assicurare al suddetto (Sez. 1, n. 30945 del 05/07/2011, Vardaro, Rv. 251478; in senso conforme Sez. 1, n. 53166 del 17/10/2018, Cinà Gaetano Vincenzo, Rv. 274879); - il Tribunale di sorveglianza, ove ritenga che il rinvio dell'esecuzione della pena invocato per motivi di salute non possa essere concesso, sul presupposto che è possibile praticare utilmente le cure necessarie in ambiente carcerario fornito di centro clinico specializzato, deve indicare, nel provvedimento di rigetto, con precisione e non genericamente, la struttura penitenziaria in cui la pena deve essere espiata (Sez. 1, n. 41192 del 18/09/2015, Chilà, Rv. 264894).
3. Passando al caso che ci occupa, il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila ha fatto buon governo di tali principi di diritto.
Invero, il provvedimento impugnato motiva del tutto adeguatamente sulle condizioni di salute dell'istante, sulla loro compatibilità col regime carcerario e sull'insussistenza, nel caso in esame, di un trattamento inumano e degradante nel senso sopra indicato.
Sottolinea, invero, come, anche alla luce dell'ultima relazione medica della Direzione sanitaria della Casa di reclusione di Sulmona, aggiornata alla data del 7 ottobre 2024 (e, quindi, a data antecedente di poco più di un mese rispetto alla data di emissione del provvedimento in esame), non sussistano i presupposti legittimanti l'istanza di rinvio dell'esecuzione della pena. A tale riguardo osserva che: - né i medici né la difesa hanno evidenziato una prognosi infausta nel breve medio periodo; - le condizioni di salute del condannato (per il disturbo bipolare e le altre patologie da cui è affetto) non incidono in maniera rilevante sul suo regime di vita, fatte salve le frequenti crisi psicomotorie; - non sono stati individuati né prospettati dalla difesa cure e trattamenti diversi da quelli attualmente garantiti nell'Istituto di pena, anche attraverso ricoveri ai sensi dell'art. 11 Ord. pen., tali da ritenere che in libertà il condannato potrebbe migliorare le proprie condizioni di salute; - la pena non si ritiene in contrasto con il senso di umanità, in quanto le patologie, come riferito dall'area sanitaria, non incidono sulla possibilità di A.A. di partecipare alla vita detentiva, a prescindere dalla circostanza che partecipi o meno alle attività trattamentali (avendo, invero, il condannato riferito di non parteciparvi); - nemmeno la perizia a firma del dott. B.B., depositata nel procedimento di merito celebrato dal Tribunale di Benevento, attestante l'incapacità del suddetto per vizio parziale di mente, e prodotta dalla difesa in atti, consente di pervenire a conclusioni diverse, posto che la capacità di intendere e di volere di A.A. è stata ritenuta grandemente scemata, e non già assente, con riferimento al momento del fatto-reato, tanto che il medesimo è stato considerato capace di partecipare coscientemente al processo; - sebbene effettivamente il dott. B.B. riferisca nel corso dell'esame dibattimentale cheA.A. è incompatibile col regime detentivo, egli non spiega le ragioni di una siffatta conclusione; - si legge, peraltro, nella trascrizione integrale del verbale dell'udienza di merito (del 15/07/2024) che il perito individua nel disturbo di personalità "il nucleo centrale della sua patologia che poi lo predispone a tutte le altre manifestazioni cliniche (...)", ritenendo necessaria una terapia psicofarmacologica e psicoterapeutica che, a parere del Tribunale, ben può essere svolta in carcere, come più in generale rilevato dai sanitari del presidio penitenziario; - le patologie dalle quali è interessato il condannato possono dunque continuare ad essere controllate e curate all'interno dell'Istituto o comunque mediante visite specialistiche all'esterno ex art. 11 Ord. pen., non necessitando l'interessato di trattamenti che potrebbero essergli garantiti soltanto al di fuori del circuito detentivo, in regime di libertà; - la necessità di avere costanti contatti con le strutture sanitarie, infine, costituisce presupposto per l'accesso alla detenzione domiciliare di cui all'art. 47-ter, comma 1, lett. c) Ord. pen., allo stato inammissibile per la pena residua da espiare superiore ad anni 4; - in caso di variazioni delle condizioni di salute del detenuto e, dunque, del sopravvenire di elementi di novità, l'interessato potrà ricorrere al Magistrato di sorveglianza, che dispone di opportuni strumenti di intervento predisposti dall'ordinamento giuridico in materia di diritto alla salute del detenuto.
A fronte di tali argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici, che escludono che le condizioni fisiche del condannato siano incompatibili col regime carcerario e tali da determinare sofferenze ed afflizioni aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente derivanti dallo stato di detenzione, è evidente che le censure di cui al ricorso palesano la loro infondatezza.
4. Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen.
Va disposto l'oscuramento, concernendo il presente provvedimento le condizioni di salute del condannato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITÀ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL'ART. 52 D.Lgs. 196/03 E SS.MM.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025.
Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2025.